L’eremo di Bardolino – che sorge su un pianoro in parte ottenuto artificialmente con lo sbancamento della sommità del colle – riprende con fedeltà lo schema solitamente adottato dai complessi eremitici coronesi, successivi rispetto ai primissimi insediamenti camaldolesi e quindi già guidati da un criterio di progettazione unitario e ormai consolidato: l’avvicinamento al portone d’ingresso avviene lungo una ripida salita fiancheggiata da due alti e massicci muri; la chiesa, adagiandosi quasi alla sommità del promontorio di S. Giorgio, si presenta a chi entra nell’eremo come posta su un alto basamento, ancor più valorizzato dalle coppie simmetriche di rampe di scale; la zona della clausura risulta celata allo sguardo del visitatore proprio dalla massiccia sagoma della chiesa e degli edifici di servizio a essa annessi; le celle sono disposte su file simmetriche, e la simmetria originariamente, quando tre erano le file di cellette, appariva probabilmente ancora più esplicita, data l’assenza dell’ampio spazio centrale attualmente destinato a giardino; il quartiere delle celle è circondato da una profonda fascia di verde che fa da barriera di isolamento, proteggendo ulteriormente il nascondimento della zona.
L’architettura della chiesa è estremamente sobria – lo schema planimetrico è, infatti, ad aula unica senza abside, con affiancate quattro cappelle più piccole (dedicate alla Madonna, a san Romualdo, a san Benedetto e a sant’Antonio) e il locale della sagrestia – così come, doverosamente, è sobria quella delle cellette: un corto corridoio centrale serve la camera da letto, la cappella, il locale destinato a deposito e a laboratorio e i servizi. All’interno del perimetro dell’eremo vi è un piccolo promontorio sulla cui sommità i monaci hanno collocato una croce a ricreare una breve Via Crucis: significativamente il promontorio è chiamato Monte Calvario. Un’ultima, doverosa notazione: il limite attuale della clausura non coincide con quello originario. Alla data di fondazione dell’eremo, tale limite era rappresentato dal perimetro esterno della proprietà dei monaci, e pertanto l’ultimo ripido tratto della via d’accesso all’eremo era da considerarsi vietato alle persone non autorizzate. A ricordo di quel tassativo divieto è tutt’oggi visibile – proprio nel punto in cui, in corrispondenza del piccolo cimitero della comunità, il muro perimetrale accoglie in sé il tratto finale della via d’accesso – un antico tabernacolo affrescato con un’immagine di san Romualdo.



