“Sta in cella come in paradiso!”
Gerolamo, Lett. 125, 7
“La vita solitaria è scuola di dottrina celeste […]L’eremo infatti è un paradiso di delizie, dove spira la fragranza odorosa delle virtù come profumati petali, come splendidi fiori aromatici. Qui le rose della carità fiammeggiano di color rosso fuoco, qui i gigli della castità biancheggiano candidi come la neve; assieme a loro non temono l’assalto dei venti le viole dell’umiltà, fintanto che se ne stanno così vicine al suolo. Qui stilla la mirra della mortificazione perfetta ed esala incessante l’incenso di una assidua preghiera.[…]Vincitore dunque dei demoni, l’eremita diviene familiare degli angeli; esule dal mondo, si fa erede del paradiso; rinnegando se stesso, si fa seguace di Cristo. E poiché ora cammina sulle sue orme, terminato il cammino, sarà sollevato senza alcun dubbio a partecipare alla gloria degli eletti di Cristo; dico anzi, con grande fiducia: chi per amore di Dio persevererà fino alla fine in questa vita solitaria, uscito dalla dimora dal corpo giungerà alla casa non fatta da mano d’uomo, all’eterna abitazione nei cieli”.
Pier Damiani, Dominus vobiscum, Lett. 28: L’elogio della cella
L’eremo e la cella eremitica sono stati sempre oggetto di idealizzazioni lussureggianti di immagini paradisiache. L’Eremo San Giorgio, una sorta di giardino in cima a un’altura, come luogo si presta bene ad essere rappresentazione di questo fascino, che vale come stimolo alla ricerca di Dio in armonia con se stessi, con gli uomini e le donne del nostro tempo e con Dio. Chi vi abita oggi non pretende certo di essere pari a questa immagine, ma almeno a vivere in modo che possa materialmente e spiritualmente essere preservata questa suggestione evocativa.